Livio Toschi e Giovanni Maria Lòriga

Giovanni Maria Lòriga

Motivazione:  Per il prestigioso  contributo alla Storia dello sport e alla Letteratura sportiva.

Nota critica di Massimiliano Pecora

 È giusto che ogni manifestazione dell’uomo occupi lo spazio della letteratura, dell’invenzione e della cronaca storica. In tal senso – lo sappiamo fin dall’alba delle civiltà letterarie – lo sport merita un posto di rilievo. Questa stupenda manifestazione dello spirito umano ha, per dirla con Fernand Braudel, la sua storia a n-dimensioni e, pertanto, ha anche la sua storia letteraria. Che i contatti tra la letteratura alta e bassa con lo sport siano nell’ordine della miriade, beh, questo è un dato tanto ovvio da offrire l’idea dell’approssimazione. Tuttavia valga un correttivo importante. Chi scrive di sport si trova di fronte a un’ampia messe di scelte: rappresentare una storia cum ore rotundo tanto da relegare l’agone a divagazione letteraria oppure approntare una cronaca dell’evento. In realtà noi tutti siamo felici quando questi due piani non solo si coniugano, ma tracciano le linee di un inestricabile legame in cui la parola e il momento si fondono in quella potente descrizione che trascende la competizione e in sé la contiene. Del resto, ingabbiare la ridda di emozioni soggiacenti alla pratica sportiva equivale, quasi, al tentativo di accogliere una nebulosa di fatti, desideri e percezioni ben difficili perfino da lessicalizzare. È in questo particolare momento inventivo che giace la forza dello studioso e dell’autore di letteratura sportiva: egli piega la storia e la fa sua, trasmigrandola negli improvvisi dell’animo di cui si nutre ogni regolato confronto, ogni contesa, ogni manifestazione della grandezza atletica. Giusto un esempio. Pensiamo a Pier Paolo Pasolini che racconta a modo suo, per la rivista «Vie nuove», l’olimpiade romana del 1960, oppure a Giovanni Arpino, a Mario Soldati. Per la nostra lingua e la nostra tradizione letteraria un’idea di ciò la otterremmo scorrendo le pagine dell’antologia di Antonio D’Orrico, Momenti di gloria (1992). Constatiamo, inoltre, che non vi sono discipline sportive né aspetti, risvolti, avvenimenti, contorni, ombre e sfondi dell’antico loisir che non abbiano trovato espressione nella letteratura novecentesca la quale, con diversi gradi di maturità, ha fatto perno a sé della piena complessità delle implicazioni sottese dalla realtà e dal fenomeno sociale dello sport, nonché dalla sua essenza psicologica, emotiva e ideale. Certo, la mania di classificare in un sottogenere letterario composizioni a tema sportivo è solo un tentativo di dare un nome ad altre forme di produzione letteraria. Va detto, però, che, soprattutto nel Novecento, è fiorita una produzione di studi e di testi legati ad attività atletiche, combattive, ricreative e ludiche che appaiano quali specimina diacronici e diastratici di una sorta di costante filogenetica della nostra vita: l’esigenza del confronto che, nato nella storia di ogni consesso umano, arricchisce l’uomo e lo rafforza nell’esercizio di una volontà all’educazione verso il rivale, verso l’uomo che in quel rivale si manifesta. Proprio perché al crocevia di tutte le manifestazioni più alte dell’umanità, non stupisca che gli studiosi dello sport siano eruditi di grande intelligenza. In ragione di ciò la XXXI edizione del Premio letterario internazionale ‘Città di Pomezia’ si fregia di un grande onore e di un enorme privilegio: il conferimento del Premio speciale della giuria a due studiosi dotati di un incrollabile entusiasmo, due intellettuali instancabili che, grazie alla rara facondia di uno stile ornato, mantengono vive l’arte dello sport e l’arte nello sport. I due autori che oggi premiamo hanno una bibliografia sterminata e impressionante. A loro si devono gli importantissimi contributi per l’Enciclopedia Garzanti dello Sport e le più attente consulenze storiche sul mondo dell’atletica e degli sport da combattimento. Anzi, è ben difficile che, nella loro lunghissima carriera, non abbiano affrontato, nei loro studi e nelle loro pubblicazioni, tutti i grandi processi storico-sociali che fanno dello sport il motore civico e culturale della società italiana e internazionale, dell’Europa antica e del mondo contemporaneo. Potremmo perfino definirli «maestri di quelli che sanno», ovvero pionieri nell’esplicitare la forza culturale dello sport. Dotato di un repertorio conoscitivo preciso e scaltrito nei pur minimi particolari, il maggiore Giovanni Maria Loriga non solo ha forgiato e comandato straordinari e valorosi atleti – si citi solo Nino Benvenuti, se pure con il torto di non offrire all’opera del dottor Loriga l’enorme spazio monografico che merita – ma ha dato vita a nuove discipline come l’orienteering e ha elaborato saggi e racconti bellissimi come quello, insieme ad Augusto Frasca, Roma olimpica. La meravigliosa estate del 1960, (Vallardi, 2010). I suoi contributi al mondo sportivo sono ancora oggi degni di moltissima attenzione. Relatore e affabulatore come pochi altri, il dottor Vanni Loriga è e resta il referente di ogni convegno sportivo importante, dandoci testimonianza di una vita spesa per la nostra comunità e per l’ampio tesoro umano e storico che la nutre. Al dottor Loriga si aggiunge l’architetto Livio Toschi, la cui imponente acribìa storiografica informa la voce «Stadio» dell’Enciclopedia Garzanti dello Sport. È, il dottor Toschi, direttore del Museo del Centro Pala Fijlkam di Roma, di cui ha seguito la nascita per volontà del presidente e fondatore Matteo Pellicone. Legato alla storia di questa Federazione, Toschi promuove continuamente iniziative in cui l’arte figurativa e la saggistica si coniughino con i grandi eventi dello sport di combattimento. Non sono mancati anni – anche nel pieno delle difficoltà nazionali e internazionali – in cui valenti artisti e studiosi di chiara fama non abbiano contribuito alla mostra permanente o ai convegni del Centro Matteo Pellicone, uno stadio che si qualifica anche come un vero gioiello architettonico e archivistico a pochi passi da Pomezia. Come per Vanni Loriga così per Livio Toschi, fondatore e direttore della rivista «I quaderni del Museo», ci vorrebbe uno spazio più adeguato. Autore di numerosissimi contributi monografici e in volume – almeno 27 monografie e corposissime curatele per i tipi «Efesto» e «Fijlkam» –, esperto di numismatica e di medaglistica tanto da curare il bellissimo e ricchissimo museo delle medaglie del Centro Pellicone, è socio fondatore della Fondazione Matteo Pellicone, nonché grafico di chiara fama, progettando, tra l’altro, nel 2005, il logo per i 125 anni della Fédération Internationale de Gymnastique e, nel 2022, in occasione del CXX anniversario della FIJLKAM, il logo, il manifesto, il francobollo, l’annullo postale e il logo della Biblioteca del Centro. A questi due straordinari e ferventi intellettuali vanno il plauso e il riconoscimento della giuria e del presidente della XXXI edizione del Premio letterario internazionale ‘Città di Pomezia’ per le sterminate e strepitose manifestazioni di quello spirito di amore che ci affratella e ci assoggetta al grande valore dell’intelligenza, senza la quale la vita ci apparirebbe un’ansiosa preoccupazione di fatue velleità.